Su History of Psychiatry è stata pubblicata la seconda parte dello
studio su Neopositivismo e Classificazione Psichiatrica. In questa seconda
parte sono stati studiati gli effettivi sviluppi storici, e si è visto che
probabilmente il neopositivismo ha avuto i suoi effetti sulla struttura del
DSM-III operando in modo implicito. Nello stesso articolo vengono discussi lo
status attuale del dibattito epistemologico sul tema, mostrando che al tempo
della pubblicazione del DSM-III, Hempel aveva già abbandonato il principio (che
invece il DSM-III adotta), dell’importanza primaria della concordanza tra
valutatori.http://hpy.sagepub.com/content/24/4/415.abstract
Abstract
Si sa ben poco delle concrete fonti storiche che hanno fatto sì che il
DSM-III usasse criteri operativi neopositivisti. Questo articolo suggerisce che
fonti distinte abbiano operato in modo implicito. Viene inoltre messo in
questione se l’approccio operativo sia stato utile. Si mostra che: a) in
epistemologia, il neopositivismo è stato sostituito da ricostruzioni più
adeguate; b) gli psicologi hanno respinto le definizioni operative perché non
erano adeguate per descrivere la maggior parte dei fenomeni mentali; c) i
sintomi mentali non si possono puramente descrivere, perché vengono colti in
quanto parte della diagnosi psichiatrica di cui fanno parte. In conclusione,
far diagnosi è un atto che si basa sulla co-costruzione ermeneutica dei sintomi
mentali. Il fallimento del programma neopositivista suggerisce che sia venuto
il tempo di riconciliare la formalizzazione scientifica con l’attività
semiotica.
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