E’ uscito il nuovo numero di Dialogues in Philosophy, Mental
and Neuro Sciences. Al solito è scaricabile gratuitamente dal sito di Crossing
Dialogues. Anche in questo numero si è dato spazio a prospettive diverse al
fine di arricchire il dialogo interdisciplinare sulla Filosofia della
Psicopatologia.
Jakovljevic & Crnčevic presentano quell ache ad oggi può
esser considerate la più complete analisi delle implicazioni epistemologiche
concernenti la comorbidità psichiatrica. Questo è l’abstract del loro “La
comorbidità come sfida epistemologica alla psichiatria moderna”: Nonostante progressi considerevoli nella
ricerca sulla comorbidità e un’ampia letteratura che ne parla, questo fenomeno
è una delle maggiori sfide epistemologiche, di ricerca e cliniche alla
psichiatria e alla medicina contemporanee. I disturbi mentali sono spesso in
comorbidità, sia tra loro che con vari tipi di malattie somatiche. Di
conseguenza ci si aspettava che gli studi sulla comorbidità dessero un impulso sia
alla ricerca sulla validità degli attuali sistemi diagnostici sia nello
stabilire terapie più efficaci nel contesto della psichiatria transdisciplinare
incentrata sulla persona e della medicina integrativa. Questa review si
concentra per iniziare sul caos concettuale e sulle diverse connotazioni,
quindi sulle prospettive transdisciplinari della comorbidità e della
multimorbidità. Gli autori hanno curato un dettagliato elenco delle varie prospettive
sul tema, sui dilemmi e le controversie, in modo da poter valutare ciò che
sappiamo e ciò che non sappiamo sulla comorbidità, cos’è la comorbidità e cosa
non è comorbidità, quali sono i fatti e quali i non-fatti su comorbidità e
multimorbidità.
L’intero articolo si può scaricare da: http://www.crossingdialogues.com/Ms-A12-07.pdf
Brian Earp introduce il lettore nell’affascinante mondo
della filosofia della mente. L’articolo il cui titolo richiama un famoso pezzo
dei Rolling Stones, è “Non posso avere soddisfazione (epistemica): sul perché il
problema “difficile” della coscienza coinvolge un problema difficile nella
spiegazione”. E’ un contributo importante alla discussione sollevata dalla
famosa sfida di Chalmers alle scienze cognitive. Nell’abstract Earp scrive: Daniel Dennett (1996) ha contestato l’affermazione
di David Chalmers (1995) che nella filosofia della mente vi sia un “difficile
problema di coscienza” da risolvere. In questo articolo difenderò la tesi di
Chalmers contro Dennett su questo punto: sostengo che vi sia un problema
difficile riguardo la coscienza, che esso sia di tipo diverso rispetto ai
cosiddetti problemi facili, e che sia vitale chiarire questa differenza per
consentire una ricerca onesta e produttiva nell’ambito delle scienze cognitive.
Ma ho anche le mie critiche a Chalmers sul punto della spiegazione. Chalmers
(1995, 1996) propone di “risolvere” il problema difficile della coscienza
postulando i qualia come caratteristiche fondamentali dell’universo, sul
modello delle basi ontologiche di nozioni come massa e spazio-tempo. Ma questa
è una soluzione inadeguata: postulare, sottolineo io, non è spiegare. Per
sostenere la mia posizione mi baserò su una visione della spiegazione considerata
di successo se è in grado di dare “soddisfazione epistemica” (Rowlands, 2001;
Campbell, 2009),e mostrerò che la proposta di Chalmers è fallimentare da questo
punto di vista. Concludo che la ricerca nella scienza della coscienza non potrà
fare passi avanti se non introdurrà nel campo una maggiore chiarezza
concettuale.
Ecco il link per scaricare l’articolo di Earp: http://www.crossingdialogues.com/Ms-A12-04.pdf
Nella sezione sulle Nuove Idee, il Prof. Korf propone di considerare
la mente come una configurazione emergente del cervello personale. E’ un punto
di vista nuovo e molto interessante nella sottolineatura degli aspetti personali del funzionamento cerebrale,
spesso tralasciati dalla ricerca in neuroscienze. Merita di essere ampiamente
dibattuta sia dai neuro scienziati che dai filosofi della mente. Questo è l’abstract:
Questo saggio esamina la relazione tra i
processi cerebrali metabolici e le attività psico-fisiologiche o mentali. Si
sostiene che i processi cerebrali metabolici, compresi quelli coinvolti nella
produzione di energia, proteine e altre molecole, sono riparativi e “conditional”,
piuttosto che coinvolti direttamente nelle attività mentali. Questa posizione
suggerisce che l’apprendimento e la memoria acquisiti durante la vita sono un
precipitato legato alla configurazione permanente e personale del cervello, la
quale è in linea di principio accessibile allo studio neurofisiologico. Le
attuali neuroscienze per lo più ignorano implicitamente o esplicitamente la
ricerca di nuove configurazioni emergenti del cervello.
Il link è : http://www.crossingdialogues.com/Ms-C11-05.pdf
Considerazioni biologiche e psicologiche sulla religione emergono
invece da “Misticismo e scienza: due prodotti dell’immaginazione umana”, di Trevors
& Saier Jr. Nell’abstract gli autori scrivono: Consideriamo scienza e religione come due prodotti dell’immaginazione
umana. Tuttavia, gli approcci usati per sviluppare queste due spiegazioni della
vita sono totalmente diversi. I principi dell’evoluzione sono ben saldi nel
metodo scientifico. Questo approccio ha portato ad accumulare una quantità di
evidenze immensa in favore dell’evoluzione biologica e un grosso progresso
scientifico è stato fatto per capire le vie che hanno portato alla comparsa
degli organismi e delle macromolecole che li costituiscono. Di contro, l’esistenza
di esseri spirituali non ha e presumibilmente non può essere documentata
tramite un approccio scientifico, non più che una favola o un mito. Tuttavia scienza,
educazione e conoscenza insieme ad azioni proprie sono ciò che serve per
prendere le giuste decisioni per preservare e migliorare la nostra biosfera
comune e condivisa, la quale si trova di fronte a due enormi problemi: la
crescita della popolazione umana e i cambiamenti climatici.
Il link per questo articolo è: http://www.crossingdialogues.com/Ms-C11-01.pdf
Infine, nella sezione “Dialogues” David Trafimow scrive un commento
su “Ricchezza descrittiva e teorizzazione astratta nell’ambito dei disturbi
schizofrenici”. L’autore suggerisce che: a) è improbabile che la diagnosi dei
disturbi clinici funzioni bene in assenza di una teoria su cui il sistema
diagnostico si possa basare, e b) al momento la conoscenza teorica sui disturbi
schizofrenici è molto scarsa. Su queste basi Trafimow sostiene che buone
descrizioni non sono sufficienti e che i ricercatori dovrebbero sì raccogliere
ricche descrizioni sulle esperienze soggettive degli schizofrenici ma al fine
di creare teorie più forti.
Il link per leggere questo contributo è: http://www.crossingdialogues.com/Ms-D12-01.pdf
L’articolo di Trafimow è un commento a quello di Paola Gaetano
che si può leggere al link: http://www.crossingdialogues.com/Ms-A11-02.pdf
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