1945:
si è appena conclusa la seconda Guerra mondiale. In Germani è tutto una rovina,
non solo rovine materiali ma anche morali. I tedeschi si risvegliano da un
sogno: Come è stato possibile? Perché non abbiamo compreso l’aberrazione in cui
ci aveva condotto il regime nazista? Gli alleati
dicono che siamo colpevoli. Lo siamo? Alcuni cercarono di giustificarsi
avanzando scuse. Altri rimadarono al mittente le accuse proiettando le loro
colpe su altri. Il filosofo Karl Jaspers decise che doveva affrontare a viso
aperto questo problema e tenne un ciclo di lezioni dedicato specificamente alla
questione della colpa della Germania. Secondo Jaspers farlo era fondamentale, a
suo avviso egli era, in quanto tedesco (ancorché oppositore del regime nazista),
“obbligato senza eccezioni a comprendere chiaramente la questione della nostra
colpa, e a tirarne le conclusioni. Ciò che ci obbliga è la nostra dignità di
esseri umani […] Il modo in cui risponderemo sarà decisivo per il nostro modo
di riferirci al mondo e a noi stessi. E’ una
questione vitale” (Jaspers, 1947/2001, p.22).
Ottobre
2013: Più di 130 immigrati africani muoiono in un naufragio davanti all’isola
di Lampedusa, i disperse sono tantissimi e ci sono poche speranze di ritrovare
qualcuno vivo. Il mondo improvvisamente sembra svegliarsi: Come è stata
possibile una simile tragedia? Chi ne è il responsabile? Come italiani, come europei,
come cittadini occidentali, dobbiamo sentirci in colpa? Nelle prime
dichiarazioni alcuni vogliono scaricare le colpe sull’Europa che non ci aiuta
abbastanza. L’Europa risponde facendoci notare quanti soldi ci invia per
gestire il problema. Altri dichiarano che dobbiamo rafforzare il controllo in
mare e rinforzare la collaborazione con i paesi nordafricani perché impediscano
le partenze (nulla da dire su come i migranti vengono trattati in quei paesi?
Nulla da dire su abusi, torture e situazioni carcerarie indegne?). Alcuni spostano
la questione della colpa ancora più in là: responsabili sono gli scafisti che
lucrano sui disperati, sono i governi e i guerriglieri che costringono questa
gente a scappare. In questo momento in Italia c’è una sola autorità morale che
tutti riconosciamo, indipendentemente dall’essere religiosi o meno: papa
Francesco. E’ lui che qualche tempo fa ha risvegliato le coscienze tuonando
contro la “globalizzazione dell’indifferenza” (8 luglio 2013, proprio a
Lampedusa). E’ lui che subito dichiara “la parola che mi viene in mente è “vergogna”.
[…] Uniamo le forze perché tragedie simili non accadano più”. Non sono le
solite parole di circostanza. Quello che, credo, papa Francesco ci sta dicendo è
che dobbiamo sentirci personalmente coinvolti, siamo noi, è il mondo che deve
vergognarsi per il disastro di Lampedusa.
Dunque
la stessa questione, oggi come nella Germania post-bellica: Siamo colpevoli?
Dobbiamo sentirci in colpa? Dobbiamo riconoscere
la nostra colpa?
Torniamo a Jaspers. Se confrontiamo le dichiarazioni
di oggi con le reazioni dei tedeschi di allora troviamo una forte somiglianza. Non
sono io in colpa, qualcun altro lo è. I criminali che lucrano su esseri umani
sono i colpevoli, non noi buoni cittadini rispettosi delle leggi. Jaspers ha
chiaramente mostrato che non è possibile fare passi avanti se non si affronta
la questione della colpa, ovvero se non ci si assume la responsabilità in prima
persona. Allo stesso modo, non potremo evitare nuove tragedie e proporre
soluzioni se non comprenderemo quali siano il nostro ruolo e le nostre
responsabilità. Lo sapevamo tutti che la gente moriva nel Mediterraneo (l’ultima
tragedia, 15 morti, era successa il giorno prima). Tutti noi sappiamo che i
migranti sono costretti a viaggiare in condizioni così rischiose perché le
nostre leggi sull’immigrazione non gli danno alternativa. Sappiamo che molti di
questi migranti hanno buone possibilità di essere riconosciuti come rifugiati,
il che ci obbliga a dargli accoglienza. Ma se sappiamo tutto ciò, siamo
colpevoli per ciò che è accaduto?
Jaspers
rispose che i tedeschi erano colpevoli, ma che era importante differenziare i
tipi di colpa, perché non tutti erano colpevoli allo stesso modo. Comprendere di
quale colpa si era responsabili era l’unico modo per assumersi la
responsabilità e iniziare quel processo di autotrasformazione che potesse
riaprire una possibilità per il proprio futuro. La gran parte dei tedeschi lo
fece.
Anche
noi dobbiamo farlo, ne abbiamo bisogno. Dobbiamo comprendere quali sono le
nostre responsabilità per poter cambiare le cose. Dobbiamo fare una diagnosi
chiara se vogliamo trovare la giusta terapia.Jaspers distinse quattro tipi di colpa. La “colpa criminale” non è la colpa che ci riguarda; è la colpa dei trafficanti che lucrano su questi viaggi. Per loro ci sono le leggi che li puniscono. La nostra colpa è di altra natura; in termini jaspersiani, la nostra è sia “colpa politica” che “colpa metafisica”.
La colpa politica si riferisce al fatto che “devo assumermi le conseguenze delle azioni dello stato che mi governa e nel quale vivo. Ognuno [nelle democrazie occidentali] è co-responsabile del modo in cui è governato” (Jaspers, 1947/2001, p.25). Come cittadini europei noi siamo colpevoli perché le nostre leggi sull’immigrazione obbligano i migranti a tentare di entrare in Europa con mezzi così rischiosi. E’ tragicamente banale affermare che se le nostre leggi gli consentissero di comprare un regolare biglietto navale o aereo, queste tragedie non accadrebbero.
La colpa metafisica è definita così: “Esiste una solidarietà tra gli uomini in quanto esseri umani che ci rende co-responsabili per ogni cosa che non va e per le ingiustizie del mondo, specialmente per i crimini commessi in nostra presenza o di cui siamo a conoscenza. Se non faccio tutto ciò che è in mio potere per prevenirli, sono colpevole anch’io” (Jaspers, 1947/2001, p.26).
Tutti sapevamo che persone come noi trovavano la morte nel Mediterraneo. Dovremmo essere consapevoli che l’immigrazione è un processo che per sua natura non si può fermare, ma solo (e parzialmente) governare. Dobbiamo sapere e dire con chiarezza che pagare i governi del Maghreb per fermare l’immigrazione è un atto ipocrita; è solo un modo per delegare a loro le nostre responsabilità, la nostra responsabilità politica e metafisica.
Dobbiamo fare tutto ciò che possiamo, ognuno di noi al proprio livello di responsabilità, per avere una visione chiara del problema, in modo da poter cambiare con consapevolezza le leggi europee che regolano l’accoglienza dei migranti e dei rifugiati. Altrimenti tra qualche giorno, passato l’effetto mediatico, cominceremo a pensare ad altro, facendo finta di non sapere e di non doverci sentire responsabili, in attesa della prossima tragedia annunciata.
Bibliografia
Jaspers K. (1947/2001) The question of German guilt.
Fordham University Press, New York.
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